Il circuito dei campi di battaglia

Oggi siamo abituati a bici performanti, tecnologia e comode piste pensate per il divertimento dei ciclisti. Tutte queste comodità un tempo non esistevano e alcuni periodi storici sono stati molto difficili per gli amanti della bicicletta.

Il record spetta senza dubbio alla corsa in bici più dura di sempre, disputata nel primo dopoguerra proprio in quei territori che poco tempo prima erano solo un campo di battaglia.

Facciamo allora un salto nel tempo e proviamo a rivivere le stesse emozioni (e difficoltà) dei coraggiosi ciclisti che si sono avventurati in questa sfida epica. Se la randonnée Parigi Brest ti sembra già impegnativa, guarda un po' cosa hanno dovuto affrontare i partecipanti del Circuito dei campi di battaglia...

 

Il Circuito dei campi di battaglia

L'idea di organizzare una gara ciclistica su quelli che erano stati dei campi di battaglia fu del giornale francese Le Petit Journal, che aveva già ideato la Parigi Brest Parigi e adesso voleva mettere in piedi una gara di biciclette che superasse per fama il Tour de France. Il montepremi per i vincitori di ognuna delle 7 tappe era molto ricco e il vincitore della gara si sarebbe portato a casa l'equivalente di circa 4 anni di stipendio di un operaio.

Gli iscritti furono 140, ma solo 87 coraggiosi si presentarono a Strasburgo per la partenza. Molti ciclisti erano ancora mobilitati con le truppe francesi, altri ancora avevano combattuto sul fronte e non erano nelle condizioni di gareggiare.

Le regole erano molto chiare: nessuno scambio di bici tra i compagni e ogni ciclista doveva ripararsi la bici da solo e senza aiuti. Le condizioni del circuito erano estreme, con strade gelate, venti freddi e terreno reso impraticabile dalle battaglie di qualche mese prima.

Il 28 aprile 1919 i corridori partirono da Strasburgo e li attendeva un percorso di 1.200 chilometri che li avrebbe portati a Lussemburgo, Bruxelles, Amiens, Parigi, Bar-le-Duc, Belfort e poi di nuovo Strasburgo.

Durante la corsa accadde di tutto, tra scorrettezze, ritiri e rotture della bici. Ripercorriamo insieme questa avvincente avventura!

 

Le tappe della corsa in bici più dura di sempre

Strasburgo-Lussemburgo: prima tappa

La prima tappa Strasburgo-Lussemburgo impegnò i ciclisti per 275 chilometri su strade attraversate quasi esclusivamente da mezzi militari. Il terreno era in condizioni piuttosto buone e la tappa fu vinta dallo svizzero Egg, che non aveva combattuto in guerra e poteva contare su condizioni migliori rispetto ai suoi avversari.

Questa vittoria probabilmente fu avvantaggiata dalla pessima organizzazione della gara, che fece sbagliare strada al quartetto che si trovava in testa davanti ad Egg. Alcuni corridori arrivarono dopo solo 10 minuti dal primo, mentre altri accumularono ben 8 ore di ritardo e ci fu anche chi superò il tempo massimo, arrivando al traguardo solo la mattina successiva.

Lussemburgo-Bruxelles: seconda tappa

Dopo un giorno di pausa prese il via la seconda tappa Lussemburgo-Bruxelles, 301 chilometri percorsi fino alla fine solo da 57 ciclisti. Tutti gli altri arrivarono fuori tempo massimo o si ritirarono, così come accadde ad Egg, che ruppe la sua bici dopo pochi chilometri.

La tappa fu vinta dal belga Dejonghe, quando la temperatura era di poco superiore allo zero e molti corridori iniziavano a mostrare i primi segni di difficoltà. Si racconta che il nono arrivato, un certo Deruyter, tagliò il traguardo con un cappotto da donna, preso chissà dove per ripararsi dal freddo.

Bruxelles-Amiens: terza tappa

La terza tappa Bruxelles-Amiens fu quella più dura: 323 chilometri di strade sterrate dove fino a poco tempo prima gli eserciti si erano dati battaglia. Durante la gara ci fu anche una nevicata e nessuno riuscì ad arrivare in tempo. Alcuni attraversarono dei passaggi vietati e altri ancora cercarono di corrompere i giudici per modificare i tempi di arrivo.

Ad arrivare per primo fu il corridore del cappotto, Deruyter, che impiegò ben 19 ore, ma ci fu anche chi arrivò il pomeriggio del giorno successivo alla partenza. Piovvero critiche da ogni dove per la cattiva organizzazione e per le condizioni estreme imposte ai corridori.

Amiens-Parigi: quarta tappa

Solo 27 ciclisti parteciparono alla quarta tappa Amiens-Parigi e il vincitore fu ancora una volta Deruyter. Nella prima fase della gara i partecipanti correvano ancora nella zona rossa, mentre la seconda parte del tracciato era in condizioni migliori e un gruppo di sei corridori partì in fuga. Ad attenderli al velodromo di Parigi c'erano ben 20.000 spettatori.

 

Charles Deruyter
Charles Deruyter

 

Parigi-Bar-le-Duc: quinta tappa

La quinta tappa Parigi-Bar-le-Duc, con i suoi 333 chilometri, fu la più lunga e attraversava ancora i campi di battaglia. Verdun in particolare era stata teatro di una lunga battaglia e alcuni corridori avevano combattuto proprio lì poco tempo prima. A vincere fu Alavoine, ma Deruyter arrivò secondo ed era ancora saldamente in testa nella classifica generale.

Anche questa tappa fu costellata di scorrettezze di ogni tipo, come quella di Duboc, che cambiò bici con un compagno di quadra e venne squalificato. Rimanevano in gara solo 21 ciclisti e l'organizzazione fu costretta a chiudere un occhio su molte altre violazioni del regolamento.

Bar-le-Duc-Belfort: sesta tappa

La zona rossa era ormai lontana, ma anche nella sesta tappa Bar-le-Duc-Belfort non mancarono le difficoltà. La catena montuosa del Vosgi e le salite con una pendenza media del 7% misero a dura prova i corridori ed è probabile che in molti percorsero a piedi i tratti più difficili. Il vincitore fu il belga Heusghem, ma Deruyter era ancora primo in classifica.

Belfort-Strasburgo: settima e ultima tappa

La settima e ultima tappa Belfort-Strasburgo impegnò i ciclisti solo per 163 chilometri e fu senza dubbio quella più facile. Ancora una volta Deruyter arrivò primo e si aggiudicò i migliaia di franchi messi in palio dal Petit Journal. Il vincitore aveva circa trent'anni e partecipò ad altre gare ciclistiche senza grandi successi.

La corsa in bici più dura di sempre... un secolo dopo

Sono passati già 100 anni da quando si disputò questa gara epica e non posso fare a meno di immaginare come sarebbe oggi la stessa corsa. Ormai le innovazioni tecnologiche sono entrate a far parte della quotidianità di ogni ciclista e oggi grazie ai GPS nessun corridore sbaglierebbe strada.

Viste le cattive condizioni della strada, molti ritiri furono legati a rotture della bici e alcuni ciclisti non poterono proseguire la corsa perché non avevano gli attrezzi per ripararla. Oggi una situazione di questo tipo è impensabile, perché i kit di attrezzi sono piccoli, leggeri e si trovano ormai nelle borse bici di ogni ciclista.

Dinamo al mozzo che alimentano le luci e ricaricano le batterie dei cellulari, maglie termiche che aiutano ad affrontare le condizioni meteo più estreme e le stesse caratteristiche dei telai, robusti e leggeri, un secolo fa non esistevano. Questo mi fa pensare che oggi correre sul circuito dei campi di battaglia sarebbe molto diverso e decisamente più divertente. Chissà che non si riesca ad organizzare un remake di questa corsa epica!